Informatori della polizia o dei servizi segreti

Informatori della polizia o dei servizi segreti

Come diventare informatore della polizia ?

Nelle motivazioni della Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, sentenza n.36720/2001 troviamo utili indicazioni sulla figura dell’informatore o confidente dei servizi segreti o polizia.

L’indagato è accusato di concorso nel delitto di estorsione, gli viene addebitato in particolare di avere chiesto ed ottenuto da costoro, titolari di depositi all’ingrosso di prodotti alimentari, la somma di 20 milioni prospettando conseguenze pregiudizievoli alla loro incolumità personale ed alla loro attività qualora non avessero aderito alla richiesta formulata in nome di noto esponente di un gruppo criminale operante nella zona.


L’articolo 203 c.p.p. i confidenti

Il Tribunale del riesame ha ritenuto di inquadrare la fattispecie nella previsione dell’art. 203 c.p.p., che regolamenta la posizione degli informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza, stabilendo da un lato che il personale della pubblica sicurezza e dei servizi segreti non possa essere obbligato a rilevare i nomi dei propri informatori, e, dall’altro lato, che le informazioni fornite da questi ultimi non possano essere acquisite al processo, o utilizzate in esso, a meno che vengano esaminati come testimoni.

L’art. 203 non è applicabile ai fratelli M. per la semplice ragione che in realtà non sono informatori di polizia.

Per comprendere l’effettiva portata dell’istituto occorre esaminarlo alla luce delle sue ragioni logiche e storiche.

Appare significativo che la norma si riferisca non solo agli informatori di polizia, ma anche (e forse soprattutto) a quelli dei servizi segreti; l’informatore di cui all’art. 203 è, in realtà, il confidente della polizia o dei servizi, che fornisce loro occasionalmente, ma con sistematicità, notizie riservate; si tratta spesso di un infiltrato all’interno di ambienti malavitosi (anche se non pentito ne dissociato) e nella normalità dei casi agisce in vista di ricompense in denaro, o di altri vantaggi, vale a dire di una controprestazione.


Confidenti e soffiate

È ben nota l’importanza che i confidenti, e le loro soffiate, hanno rivestito praticamente da sempre, e che verosimilmente continuano a rivestire nello svolgimento dell’attività di polizia (e non solo di polizia giudiziaria in senso proprio).

Il legislatore ha adottato perciò la scelta di non obbligare gli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, ed il personale dipendente dai servizi, a rivelare i nomi dei propri confidenti per non bruciarli inaridendo per sempre fonti di informazioni considerate utili per l’attività di polizia.

Come è facile rilevare la figura dei fratelli M. è ben diversa: si tratta semplicemente di parti lese (o di pretese parti lese) che rifiutano di formalizzare e sottoscrivere le loro dichiarazioni, allegando sostanzialmente il timore di ritorsioni da parte degli estorsori.

Non forniscono perciò con sistematicità, ancorché occasionalmente, informazioni alla polizia, e, tanto meno, lo fanno in vista di un compenso o di un vantaggio qualsiasi; anzi, se ben si intende quanto riportato negli atti, sarebbero stati ben lieti di non essere sentiti.

Invece i M. hanno riferito notizie alla polizia in un solo caso, e non su circostanze conosciute per caso, circolando in un cero ambiente, ma su fatti che li riguardavano direttamente.

Non si tratta dunque di informatori di polizia ai sensi, e per gli effetti, di cui all’art. 203 c.p.p.

La diversità di fattispecie esclude anche che questa norma possa essere applicata estensivamente a questo caso.


Sommarie informazioni delle persone informate sui fatti

In realtà la polizia giudiziaria stava ricercando sommarie informazioni su fatti che potevano costituire reato, così come espressamente previsto dal primo comma dell’art. 351 c.p.p., a norma del quale la polizia giudiziaria assume sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini.

Come già rilevato da questo Supremo Collegio (Cass. pen., sez. I, 3 dicembre 199- 23 gennaio 1992, n. 4641, Andricciola ed altri) le sommarie informazioni di polizia di cui all’art. 351 nuovo c.p.p., quali atti pertinenti alle indagini circa la fondatezza di una determinata notitia criminis, pur provenendo dall’autorità di polizia giudiziaria e pur essendo prive di rilevanza ai fini della decisione finale, costituiscono documentazione dotata di efficacia processuale nell’ambito della fase delle indagini preliminari e, in quanto tali, ben possono essere utilizzate, da sole o insieme agli altri atti compiuti a norma dell’art. 348, secondo comma, lett. c) nuovo codice, per l’emissione di provvedimenti restrittivi della libertà personale. (nello stesso senso, Cass. pen., Sez. II, 20 febbraio- 7 marzo 1991, 1344, PM c.A.; Cass. pen., Sez. V, 20 agosto- 9 settembre 1991, n. 1811, M. ed altro).

In questo caso le informazioni di polizia sono costituite da dichiarazioni, ancorchè non sottoscritte, dalle presunte parti lese; non va dimenticato, a questo proposito, che la dichiarazione resa da persona informata dei fatti, qualora ritenuta attendibile poiché rispondente a dati oggettivi accertati dalla p.g. relativamente a circostanze inerenti il fatto di reato oggetto di indagini, è esattamente qualificata come grave indizio di colpevolezza idoneo a fondare un provvedimento di custodia cautelare, essendo di per se sufficiente, nella fase delle indagini preliminari a far ritenere che il reato sussista, e che sia imputabile alla persona indagata. (Cass. pen., sez. I, 30 giugno- 27 settembre 1993, n. 3106, D.).

Le registrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria all’insaputa degli interlocutori non sono soggette, infine, alle particolari cautele e garanzia previste dagli artt. 266 e seguenti c.p.p., proprio perché si tratta di una registrazione, effettuata da parte di uno degli interlocutori, di una conversazione tra presenti.

Proprio per questo, come giustamente sottolinea nel proprio ricorso la Procura di Napoli, in questo caso viene meno qualsiasi esigenza di tutela della riservatezza; ogni interlocutore (indipendentemente dal fatto che possa rivestire, o meno, anche la qualità di pubblico ufficiale) è parte della conversazione e può disporre del suo contenuto.


Informatori della Polizia e persone informate sui fatti

Concludendo, deve dunque essere formulato in proposito il seguente principio di diritto: gli informatori della polizia o dei servizi segreti sono i confidenti della polizia o dei servizi, che, di regola dietro compensi in denaro o in vista di altri vantaggi, forniscono loro occasionalmente, ma con sistematicità, notizie riservate.

Non rientra in questa figura, né può essere ad essa assimilata , la persona informata dei fatti che rifiuti di formalizzare le sue dichiarazioni e di sottoscrivere un verbale, e cui pertanto no sono applicabili le disposizioni contenute nel predetto art. 203 c.p.p.

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